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Uova: storie di fipronil e di crudeltà


Questa estate si è parlato molto di uova. Solamente poche settimane fa, lo scandalo della contaminazione da fipronil, antiparassitario nocivo se utilizzato su animali destinati al consumo umano, ha occupato le pagine dei giornali di tutta Europa. Solo nel nostro paese sono state oltre 90.000 le uova sequestrate in diverse regioni, fresche o sotto forma di lavorati. Secondo la Commissione Europea, i paesi coinvolti nello scandalo sono Italia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Francia, Svezia, Regno Unito, Austria, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Danimarca, a cui si aggiungono Svizzera e Hong Kong.

 

Se inizialmente si credeva che la contaminazione diretta fosse circoscritta ad alcuni di questi paesi, così da ripercuotersi sugli altri solamente per quanto riguarda le importazioni dell’alimento, ulteriori accertamenti da parte dei Nas in Italia hanno rivelato che molte delle uova contaminate sono state invece prodotte in Italia

Le indagini, così come il dibattito relativo alla salute dei consumatori, sono ancora in corso, Si parla di rischi per fegato, reni e tiroide in relazione alla quantità di sostanza ingerita, ma non sono da escludere ulteriori complicazioni soprattutto per i bambini. Lo scorso febbraio Animal Equality aveva già messo in luce i rischi per il consumatore derivanti dal consumo di uova con l’investigazione Il Vero Prezzo delle Uova, le cui immagini di diversi allevamenti italiani di galline ovaiole descrivevano una produzione tutt’altro che igienica e sicura, oltre a documentare le terribili condizioni di vita a cui sono sottoposte le galline ovaiole, private di ogni possibilità di esprimere i loro comportamenti naturali tra cui persino stendere completamente le ali.

 

Non conosciamo ancora i risvolti della vicenda relativa al fipronil, ma di certo c’è che l’industria dei prodotti di origine animale ha molto da nascondere, dal punto di vista della sicurezza alimentare come da quello del benessere animale. 

 

Il Dipartimento di Sensibilizzazione Aziendale di Animal Equality lavora da diversi mesi per convincere le aziende del settore alimentare ad abbandonare  le uova da allevamenti in gabbia e dunque fare la loro parte nel cambiare le condizioni di vita delle galline ovaiole, trattate per tutta la loro esistenza alla stregua di macchine da produzione. Da febbraio, 11 aziende si sono aperte al dialogo con noi, pubblicando politiche che hanno avuto ripercussioni sulla vita di quasi 2,5 milioni di galline in Italia. Certamente liberarle dalle gabbie non significa purtroppo eliminare del tutto la sofferenza, così come non significa eliminare i rischi per la sicurezza alimentare. Tuttavia, eliminare le gabbie e aprire un vero dibattito sulla questione è il vero primo passo verso la costruzione di una società più cosciente, sicura ed empatica. 

 

Speriamo che questo triste scandalo, come molti altri, serva perlomeno a portare l’attenzione sul dibattito sulle scelte alimentari, e che serva a chiarire agli occhi dei consumatori i rischi che si celano dietro il consumo di alimenti di origine animale, sia quelli per la salute che quelli per il benessere degli animali coinvolti nella filiera alimentare. Il modo migliore per vivere una vita più sicura, sana e compassionevole è scegliere un’alimentazione a base vegetale.


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